In
questi giorni l'Italia è divisa. No, non per questioni politiche –
anche se...vabbè, lasciamo stare - per dibattiti epicurei o
kantiani. No. Il nostro Paese è diviso tra quelli che guardano
Sanremo e quelli che lo schifano. Io, ovviamente, pop nell'anima,
faccio parte della prima categoria. Vi dirò di più, mi segno
sull'agenda le date del Festival, in modo da non prendere impegni in
quei giorni. Disturbatissima. Perché Sanremo è Sanremo! Un
carrozzone colorato, spesso molto trash, ma che è parte
imprescindibile della cultura italiana, si ami o si odi. Ieri sera è
partito già in salita, con il numero dei tecnici attaccati alla
balaustra, un deja vu di baudiana memoria, un'invecchiata ex
modella figona che ad ogni sorriso faceva morire un ortodonzista, un emiliano che cantava in genovese e una settantenne che era
più snodata della Barbie. Ma l'avete vista la Raffa nazionale? Ha
ballato come una ventenne e manco aveva il fiatone, mentre io quando
faccio le scale a piedi devo fare attenzione a non inciampare nella
mia lingua e dopo devo prendere un Polase. Un grande circo dove le
canzoni erano la cosa meno importante. Ma Sanremo è anche questo,
un grande show. Alle 23, con il Maritino che russava sonoramente sul
divano ho deciso che poteva bastare, anche se mancavano ancora
diversi cantanti in gara. Mi rifarò stasera. Ma la cosa più
divertente del Festival è l'aspetto social: twitter intasato di
cinguettii divertenti e irriverenti che ti fanno rimanere incollato
alla tv solo per commentare. C'è una finta Jessica Fletcher che
dice: “Non mi annoiavo così tanto da quando non c'era rimasto più
nessuno da uccidere a Cabot Cove”; un ragazzo di nome Matteo
critico con i presentatori: “Mi mancano la Fenech e Andrea
Occhipinti”; la Cetty che commenta il bassista con il volto coperto
che suona con Gualazzi: “Gente, l'uomo ragno è sul palco, gli 883
ci hanno mentito per anni”. Vale la pena di vedere Sanremo solo per
questo.
Visto
che la diretta dura più della Quaresima, ci vuole un pasto leggero
che aiuti a non avere subito l'abbiocco. In questo periodo di dieta
controllata – potrei uccidere per una lasagna – sono alla
continua ricerca di piatti buoni ma light, di modi di cuocere
diversi che abbiano bisogno di pochi grassi. Ho provato ad usare la
carta fata, una sorta di pellicola che può andare in forno e che
permette di cucinare senza aggiungere condimenti. Ho preso un bel
trancio di salmone, un fetta di limone, della barbetta di finocchio,
pepe, sale, qualche bacca di ginepro che dà profumo, un bel fagotto
con la carta, venti minuti in forno e voilà, un piatto
fantastico, saporito e veramente light. Talmente buono che vi
farà cantare.
Salmone al forno in carta fata
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