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Ogni regione d'Italia le chiama con nomi diversi: in Sardegna sono le
maraviglias, in Toscana i cenci, in Basilicata,
Sicilia, Campania sono le chiacchiere, nella Capitale sono le
frappe, nella mia Torino sono le bugie. Comunque si
chiamino, sono il dolce per eccellenza del Carnevale che domani, con
il martedì grasso, chiude i suoi festeggiamenti colorati ed
esagerati per entrare nel clima più contenuto e di austerity
della Quaresima.
Non so perché si chiamino bugie, credo che il nome debba la sua
origine al fatto che con l'impasto che si prepara si ottengono
tantissimi dolci, tanti quante possono essere le bugie dette dalle
persone. Ma è abbastanza una libera interpretazione. Non avevo mai
fatto le bugie, pensavo fosse una cosa complicatissima, invece hanno
una preparazione semplice e il gusto di quelle fatte in casa, non ha
niente a che vedere con quelle comprate. Leggere, croccanti, non
troppo dolci, perché tanto ci pensa lo zucchero a velo sopra ad
addolcirle, quel goccio di grappa aiuta a non renderle stucchevoli:
sono venute buonissime anche a detta del Barbetta, un collega goloso
che non aspettava altro che io portassi qualche dolce in studio per
poter sperimentare di persona le mie doti culinarie. Il vassoio delle
bugie è stato ripulito e il Barbetta si è offerto come cavia vita
natural durante per i miei esperimenti in cucina.
Le bugie sono state le protagoniste del pressure test di
Masterchef (o Masdergief, come dice Ivan) di due settimane
fa, quando è stata eliminata Paola: a 'sto giro, avrei vinto pure io
e Bastianich non avrebbe potuto dire “Vuoi che io muoro?”.
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