lunedì 27 gennaio 2014

Quel tram chiamato desiderio

Foto da mondotram
Siamo in Sardegna, primi anni '40, in un piccolo paese dell'entroterra dove molte famiglie sono sfollate a causa della guerra. Lì vive con i suoi genitori e il fratellino, un'adolescente con i capelli di un color biondo rossiccio che ricorda il sole al tramonto, naturalmente ondulati – cioè, io così non riesco ad averli neanche se vado dal parrucchiere – gli occhi verdi, uno sguardo pulito. Assomiglia a Rita Hayworth, ma si chiama Maria, anche se tutti la chiamano Mariola. Un giorno arriva in paese un gruppo di paracadutisti e tra di loro c'è un ragazzo poco più che ventenne bello, alto, biondo, con gli occhi azzurri, un vero principe. E' quello che ha pensato Mariola vedendolo. Un autentico colpo di fulmine, ma a quella età è così facile innamorarsi anche di persone di cui non sappiamo nulla, neanche il nome! Passa qualche tempo e Mariola, ora di nuovo a Cagliari per frequentare il liceo, continua a pensare a quel bel soldato che le ha rubato il cuore. Un giorno come tanti, è sul tram, i libri e i quaderni etichettati con il proprio nome tra le braccia, il nastro di raso tra i capelli, la gonna a pieghe sotto il ginocchio e come nella trama di un classico film romantico, sale sul tram quel bel soldato mai dimenticato. Questa volta anche lui la nota, e come poteva non vedere quello splendido bocciolo di donna che stava fiorendo? Il cuore di Mariola va velocissimo, quasi si vedono i battiti sotto la camicetta, le guance in fiamme, quella sensazione di calore nello stomaco.
Ciao, io sono Emilio. Cosa fai?”, “Aspettavo te”. Quel tram chiamato desiderio.
Va bene, lo ammetto, il dialogo me lo sono inventato, ormai dovreste sapere che sono un'inguaribile romantica che ha passato tutta la sua adolescenza ad aspettare che un quaquaraquà qualunque dicesse con enfasi: “Nessuno può mettere Marghe in un angolo!” (e magari anche con i pettorali di Patrick Swayze). Ma la storia è assolutamente autentica: Mariola ed Emilio sono i miei nonni e poco dopo quel loro incontro fortuito, si sono sposati e hanno avuto cinque figli.
Oggi è il compleanno di mia nonna e mi spiace non poter essere con lei a festeggiare perché sicuramente mi avrebbe detto: “Ti ho mai raccontato di quando ci siamo conosciuti io e il nonno?”. Ma no, figurati, solo una milionata di volte. E ogni volta le parole che usa sono le stesse ed escono dalla sua bocca con un sorriso e con quella stessa emozione provata sul quel tram settant'anni fa.
La ricetta di oggi è così un piccolo omaggio alla mia amata Sardegna: la focaccia con le patate e il Dolce Sardo, formaggio che non manca mai nel frigo della mia nonna. É una caciotta fresca, morbida e gustosa, di cui sarei capace di mangiarne da sola una forma. Ovviamente può essere sostituito da un altro tipo di formaggio a pasta molle, ma se vi capita di andare in Sardegna non dimenticatevi di portarvi un pezzo di Dolce Sardo a casa.
La focaccia fatta lievitare a lungo, con i chicchi di sale grosso, le patate sottili profumate con il rosmarino e il Dolce Sardo sciolto alla perfezione: un morso e vi riconcilierete con il mondo. Da mangiare anche sul tram e se la offrite, sarà strage di cuori.

A casa mia...auguri Nonna!

2 commenti:

  1. Ma la storia della tua famiglia è costellata di storie straromantiche!!! <3 <3 <3

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