giovedì 3 ottobre 2013

Il panino di papà

Immagine da finleyrockers.forumfree.it
 A volte mi sembra di avere dei ricordi molto vivi della mia infanzia, come se fossero degli interi film in cui rivedermi con i codini, i colletti ricamati e i denti un po' storti; poi mi rendo conto che questo film dura molto poco, che in verità nella mia mente ci sono tanti fotogrammi senza un'apparente logica, delle immagini un po' sfocate, a volte sono solo dei flash che sembrano dei vecchi negativi, delle parole, dei sorrisi, degli oggetti che mi fanno venire alla memoria piccoli episodi di vita, magari non particolarmente significativi, ma che conservo con affetto nel mio cuore.
Avrò avuto otto, nove, dieci anni, non so con esattezza; ero in montagna con i miei genitori, il Brother non c'era - strano - oppure non compare nei miei fotogrammi. Dovevano essere le vacanze pasquali, perché ricordo un tiepido sole e un regalo che molto probabilmente doveva essere dentro l'uovo di Pasqua di cartone che mia madre ha riciclato per non so quanti anni. Era una catenina d'argento con tre ciondoli smaltati: una banana, due ciliegie e una mela. Che detto così sembrava una schifezza, uno di quei regali che vanno direttamente tra le ciste per la tombola di capodanno, invece era carino, tenero, a me piaceva tanto. Portare una catenina al collo invece di una collanina di plastica o legno da bambina, mi faceva sentire grande e adoravo quella frutta che cadeva dolcemente sul mio maglione a trecce.
Dovevamo fare una piccola passeggiata tra i monti – non siamo mai stati dei gran camminatori, era giusto un po' di movimento per farci venire fame - con annesso pic nic. Quando mia madre preparava i panini a casa, aveva un'organizzazione di un certo livello: etichette per scrivere gli ingredienti, sacchettini separati per ogni persona, bottigliette dell'acqua con tappo azzurro per i maschi e rosa per le femmine, tovaglioli perfettamente piegati. Mio padre si fece fare un panino con prosciutto cotto e senape, così, senza nient'altro. A me sembrava terribile - da piccola ero un po' diffidente con il cibo - e ricordo la mia faccia disgustata nel guardare la senape fuoriuscire dal pane. Ma nel prato pieno di fiori, con il venticello che faceva dondolare i miei ciondoli fruttosi, il sole, la pace della natura e la mia serenità, diedi un morso al panino di mio padre, che sorrideva sornione. Da quel giorno è cominciata la mia relazione d'amore con la senape: adoro quel suo gusto un po' acido, la sua perfezione nel toast, la sua eleganza con il bollito, il suo essere gggiovane nell'immergere un würstel direttamente nel vasetto.
Nella ricetta che vi propongo oggi, ho usato la senape in grani che pensavo piccante, invece non lo è per nulla: il filetto di maiale, tagliato a medaglioni e fatto scottare in padella velocemente facendolo sfrigolare con il marsala, per poi essere avvolto da una morbida e delicata salsa con la senape à l'ancienne di cui non rimarrà alcuna traccia sul piatto dopo una sontuosa scarpetta.
Non fate cuocere troppo la carne, mi raccomando è un filetto, lasciate che l'interno rimanga un po' rosato e ogni boccone si scioglierà in bocca con la salsa di senape.

A casa mia...lezione di vita da un panino!

Filetto di maiale con salsa di senape à l'ancienne

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