mercoledì 12 febbraio 2014

Torino 2006 - Sochi 2014

Sono cominciate le Olimpiadi invernali in Russia, a Sochi. Che nessuno sa bene dov'è esattamente questo posto, ma tutti abbiamo pensato fosse inizialmente in Emilia Romagna, socc'mel!
Un evento sportivo mondiale che ha i super poteri: non solo unisce le persone e le rende orgogliose del proprio paese, ma fa appassionare a sport che durante i quattro anni tra un olimpiade e l'altra non caghiamo di striscio. Cioè, ma chi è che segue lo short track o lo slittino? Ci ricordiamo di questa disciplina solo quando Armin Zoeggler vince una medaglia e pensiamo grandissimo Armin, che figo! Ma con un nome così è veramente italiano?
Per me le Olimpiadi sono le discese da cardiopalma di Alberto Tomba, che sembrava che non ce la facesse mai e poi arrivava primo: lui sì, aveva il potere di far fermare l'Italia, tutti incollati al televisore a tifare come matti. Peccato poi abbia rovinato tutto con “Alex l'ariete”. E poi, ovviamente le vere Olimpiadi che sono nel mio cuore e in quello di tanti: Torino 2006. É stato un party meraviglioso durato tutto il mese di febbraio, che ha trasformato la città e anche i suoi abitanti: ci ha resi più accoglienti, allegri, sempre pronti a far festa con i turisti stranieri, orgogliosi di far conoscere la nostra splendida città fino ad allora rimasta un po' nell'ombra. E siamo diventati esperti supremi del curling e del suo scopettone. Durante quei giorni, un giornalista mi fermò per strada per chiedermi un'indicazione e mi disse: “Beh, ma voi torinesi non siete grigi e polentoni come dicono!”. Il torinese è distinto, molto gentile, ma un po' chiuso, mai sopra le righe, in un solo aggettivo: sabaudo. Ma in quei giorni tutto è cambiato. Ricordo l'emozione vera - da commozione - nel vedere passare la fiaccola olimpica per la città, l'orgoglio nel legare il tricolore ai propri balconi, la meraviglia e la voglia di far festa tutte le sere quando dalla Medal Plaza in Piazza Castello partivano i fuochi d'artificio. Musica, colori, abbracci, lingue diverse che si parlano, felicità che ancora adesso, dopo otto anni, sentiamo viva. Il potere dello sport, la meraviglia di scoprirsi uguali anche se di nazioni diverse, razze, religioni o orientamenti sessuali. Le Olimpiadi hanno cambiato Torino e i torinesi ed è quello che auguro ai Russi. Di cuore.
Sicuramente le Olimpiadi di Torino 2006 sono state anche un successo dal punto di vista culinario: pensate in che estasi dovevano trovarsi gli stranieri abituati ad hamburgers, aringhe crude, muschi e licheni davanti ai piatti della nostra cucina! Oggi, allora, una ricetta che è un grande classico piemontese: i plin fatti in casa. Un piccolo fagottino di pasta ripiena di carne, con la forma tipica data dal pizzicotto, il plin appunto. Ci vuole un po' di manualità e di allenamento, ed io ringrazio ufficialmente la mia insegnante severissima, langhetta doc, Anna di Cucina Precaria che mi ha cazziato aspramente se usavo le mani per sistemare il ripieno o se il mio plin era leggermente più grande del suo. Sono buoni, buonissimi, e se li condite con il sugo d'arrosto potrete esclamare: “Passion lives here!”.

A casa mia...saluti anche da Neve e Gliz!



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