giovedì 27 febbraio 2014

Ugo Alciati, una stella in cucina

Credit: foto di Ugo Alciati
Meraviglia. Estasi. Gioia. Sono le sensazioni che ho provato ieri sera al Guido Ristorante, grazie allo chef Ugo Alciati: il mio debutto culinario stellato. Non scrivo queste cose per piaggeria, né mi è stato commissionato un post sponsorizzato – poi se Ugo volesse, gli mando le coordinate bancarie - ma sento il desiderio di condividere con voi un'esperienza di felicità. Sì, perché di esperienza si tratta, non solo di una buona cena. Non ho fatto una foto, neanche un veloce selfie per twittare “Ehi raga, invidiatemi, sono da Alciati alla facciazza vostra!” - anche se ne sarebbe valsa la pena perché mi ero messa un po' in tiro per la serata con il Maritino e facevo la mia porca figura. Il mio Iphone è rimasto tutta la sera in borsa con l'unico scopo di essere raggiungibile dalla babysitter, per cui dovrete fidarvi delle mie parole.
Intanto il posto dove si trova Guido Ristorante è meraviglioso, all'interno della riserva bionaturale di Fontanafredda a Serralunga d'Alba, nella Villa Contessa Rosa: sale ottocentesche dai soffitti affrescati che rivivono una seconda giovinezza con il contrasto della linearità moderna che contraddistingue la recente ristrutturazione. L'accoglienza è cordiale, di livello, ma senza risultare falsa o stucchevole, e raggiunge la perfezione con un calice di Alta Langa: chi ben comincia è a metà dell'opera e io sono già conquistata con le bollicine. Come aperitivo una piccola sfoglia con trota salmonata e un'insalatina di ceci con un boccone di tonno stagionato dieci anni: altro che tonno che si taglia con un grissino! Antipasti scelti: lingua con il suo bagnetto rosso e gallina bianca con uovo al vapore e tartufo nero. La lingua – che io non ho mai amato – fatta cuocere per una notte intera a vapore, si presentava come un regalo dentro un pacchetto di una sottile zucchina, si scioglieva al palato e con la salsa era il trionfo piemontese in bocca; la gallina morbida, succosa, avvolta come in un abbraccio dal tuorlo d'uovo che spaccandosi circonda le verdurine cotte alla perfezione e cerca il tartufo come compagno di vita. Tra i due piatti non so chi vince.
Primi scelti: tagliatelle ai 30 rossi – ma poi Ugo mi ha rivelato che sono 38-39 per un chilo di farina, ma scrivere “tagliatelle 39” gli sembrava brutto – con tartufo bianco conservato in salamoia e porcini disidratati, e gnocchi di zucca con ragout di salsiccia di Bra e radicchio. Allora, le tagliatelle erano buonissime, ma il tartufo si sentiva proprio poco, il porcino tende a coprire con il suo gusto marcato. Il tartufo bianco, a mio parere, va mangiato nella sua stagione a suon di sonore grattate. Gli gnocchi erano strepitosi: forse il mio è un paragone irrispettoso, ma avete presente la scioglievolezza dei cioccolatini Lindt? Ecco, lo gnocco di Alciati è così, si scioglie in bocca: il sapore dolce della zucca contrastato meravigliosamente dalla salsiccia di Bra ridotta a ragout finissimo, le foglioline tenere di radicchio – che all'inizio pensavo fossero solo belle esteticamente per la contrapposizione di colore – sono il completamento perfetto per bilanciare i sapori e le consistenze. Fuori concorso l'assaggio di Agnolotti di Lidia al tovagliolo: agnolotti cotti. Punto. Senza condimenti, senza nulla, coperti da un tovagliolo come da antica tradizione piemontese, nudi, così come chef li ha fatti: il paradiso. E non aggiungo altro.
Secondi scelti: arrosto di vitella della Granda “al cucchiaio”, e “Caldo e freddo” di faraona e fegatini con salsa al marsala. Poi, visto che la responsabile di sala ha notato quanto apprezzassimo, ci ha tenuto a portarci anche il baccalà al vapore con patate e carciofi. Stimo immensamente questa donna. Al terzo posto si classifica l'arrosto, talmente tenero da poter essere mangiato con un cucchiaio: ovviamente buonissimo, ma sapori e consistenze più familiari. Al secondo posto il baccalà, leggero, delicato, con la nota agrumata del limone e lo sprint della bottarga, la patata morbida, il carciofo cotto con maestria: meraviglia pura senza fronzoli. Al primo posto, senza discussioni e deciso all'unanimità, la faraona, con i suoi fegatini adagiati su un pan brioche. Non riesco a descrivere il piatto se non con una parola: godimento.
Prima dei desserts, due piccole sfoglie di pane con crema di gorgonzola e di pecorino, perché siamo in Piemonte e la buca l'è nen straca se la sa nen ad vaca (la bocca non è stanca se non sa di vacca). Dolci scelti: bignè alla nocciola e crema di zabajone tiepido, e semifreddo di zenzero con torta calda alle mele. Poi, la dolce ragazza sopra citata non si è accontentata della stima, voleva proprio essere amata e ci è riuscita portandoci anche la pesca con crema di nocciole. La pasta dei bignè era di una leggerezza mai sentita, un dolce estremamente goloso e un po' “maialo” - infatti l'ha scelto il Maritino – il semifreddo di zenzero, invece, è un dolce veramente elegante che ben si adatta ad essere servito ad ospiti con sangue blu nelle vene, meraviglioso il contrasto di temperature tra il semifreddo e il tiepido della torta di mele. Per concludere, una piccola pasticceria degna di un maestro pasticcere, una meringa con panna che aveva la consistenza di una nuvola.
Abbiamo finito la serata con una bella chiacchierata con lo chef Ugo Alciati che mi ha raccontato alcuni segreti della sua cucina, che usano sette tipi di farina diversi – non kamut, integrali o chissà cosa, proprio farina 00 - a seconda delle preparazioni, che a lui il coniglio non è che faccia impazzire, che dovevamo assolutamente assaggiare il fiordilatte mantecato al momento e che i suoi colleghi chef – parliamo di stellati, non di Gigetto della trattoria “da Gigi” - lo chiamano per chiedergli come fa le meringhe, perché a loro non vengono così buone. Non solo una stella Michelin, ma una stella in cucina.
Un consiglio spassionato: andate da Guido Ristorante, io ci tornerò.
In tutto questo, ieri sera ho fatto un bel gesto dell'ombrello alla mia dieta, ma oggi si torna in carreggiata con un piatto light di gran gusto. Le melanzane alla pizzaiola nascono dalla mia voglia spropositata di parmigiana, ma sono con pochissimi grassi - solo due cucchiai di olio come dietologa ha prescritto – hanno bisogno di una preparazione brevissima e si cuociono in forno: un po' di pomodoro, una spolverata di parmigiano, origano e qualche cappero per un piatto perfetto per la dieta, ma che regala il sorriso.
Io è da ieri sera che non smetto di sorridere.

A casa mia...la prima stella non si scorda mai!

Melanzane alla pizzaiola light

1 commento:

  1. Quegli agnolotti nel tovagliolo si chiamano anche "a culo nudo"! :D
    Da Alciati ci andrei anche senza mangiare...solo per sentirlo parlare della sua cucina...che persona deliziosa!!

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