martedì 4 febbraio 2014

La felicità, quella vera

Con il mio papà, inverno 1983
Quando il Maritino ed io eravamo ancora fidanzati, trascorrevo molto tempo a casa sua e quasi tutti i giorni ero lì sia a pranzo che a cena con la sua famiglia tutta al femminile. Che a pensarci proprio bene forse potevo sembrare un po' scroccona, mentre i miei genitori probabilmente mi ritenevano ormai una desaparecida. La seconda ipotesi è che invece stappassero del Berlucchi tutte le sere perché finalmente erano tornati a fare la coppietta senza figli. Propendo per la seconda. Il periodo più bello della mia vita: poco più che ventenne, parecchio più magra – ma ci torno. Ah, se ci torno! - universitaria, senza preoccupazioni, sempre fuori casa e finalmente con l'amore. Top.
Ovviamente succedeva anche che il non-ancora-marito venisse a cena nella mia casa – che strano pensare come casa mia quella dei miei genitori – ed in quelle occasioni mio padre, cintura nera di chiacchiere, riusciva con il suo modo da gran amicone e pacche sulle spalle a fare il terzo grado a colui che gli avrebbe sottratto la sua bambina. Tanto mi starai sulle balle comunque, almeno che tu sia un bravo ragazzo, sennò ti spezzo una gamba. Mia madre cucinava dichiaratamente leggero – ho messo poco poco di olio, proprio un niente di burro – e noi ci sfondavamo di Nebbiolo che aveva un ruolo fondamentale in quelle serate e ci rendeva allegramente alticci. È stato così per quasi due anni, io e il non-ancora-marito sempre insieme.
Un giorno, era il 4 febbraio di undici anni fa, mancavano pochi mesi al nostro matrimonio e decisi che quella sera sarei rimasta a casa con i miei, ma da sola. Non c'era un vero perché, non era stata una cosa pensata realmente, razionalizzata, forse solo dettata dal cuore che mi diceva che forse i miei genitori avevano piacere di avermi con loro ancora come figlia e non come una donna che sta per lasciare il nido. Quando una figlia si sposa le mamme sono impegnate nei vari preparativi ed eccitate dai confetti, dal velo bianco, dalla scelta dei fiori; i padri sono degli uomini distrutti con la carta di credito incandescente che vorrebbero solo vedere la propria bambina ancora con i codini.
Fu una serata tranquilla, mia madre andò a letto presto, mentre io e mio padre condividevamo il bicchiere della staffa guardando un film di Aldo, Giovanni e Giacomo dal titolo quasi premonitore “Chiedimi se sono felice”. Abbiamo riso insieme, di gusto, e siamo andati a dormire. Felici.
Quella notte mio papà ebbe un infarto e a casa non è più tornato.
Lui adorava sgranare lentamente le fave fresche per mangiarle con il pecorino e la ricetta di oggi, alla perenne ricerca di piatti light, è ispirata a questo gusto un po' contadino: l'orzo si cuoce come se fosse un risotto in modo che tenga i suoi amidi e resti cremoso, le fave – io ho utilizzato quelle surgelate – private della buccia, fatte rosolare con uno scalogno delicato e un filo di olio, poi la mantecatura senza burro, ma con del gustoso pecorino sardo. Avrete un piatto sano, poco calorico, ma che appagherà il vostro palato perché anche dietro le ricette povere e poco elaborate si cela la letizia, perché anche dietro le piccole e semplici cose – come un bicchiere di vino e una risata insieme – si nasconde la felicità, quella vera.

A casa mia...siate felici!

Orzo risottato con fave

11 commenti:

  1. Cercare di essere felici e' un impegno che abbiamo nei confronti della vita. Lo dobbiamo a noi stessi. E a chi questa vita ce l'ha data. E in alcuni casi, il mio, il tuo, purtroppo non e' piu qui a vedere come la stiamo portando avanti, cercando di essere felici, nonostante l'assenza. Grazie di questo bel post. Leggero e profondo insieme. Ma soprattutto vero.

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  2. Marghe, mi hai fatto commuovere, davvero, perché mi viene da pensare al mio papà, che anche lui non c'è più... Che fortuna immensa avete avuto tu e lui a condividere questa meravigliosa serata insieme... sarà uno dei ricorsi più belli che porterai dentro di te per la vita intera :-)

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    1. Hai ragione Alessia, proprio così: ci penso e rido ancora...

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  3. Un po' triste ma una bellissima storia. Un bacio

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    1. È triste come finisce, ma quel momento è stato un bel momento padre-figlia...volevo raccontare il risvolto bello, non quello triste...(e avanti di fazzoletti!)

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  4. Bellissimo il tuo racconto e bellissimo quando papà e figlie ridono insieme!!

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  5. Grande Babbo Giampiccolo... ricordo ancora con affetto e e una leggera malinconia il suo sorriso sereno. Con mia moglie leggiamo spesso e prendiamo spunto dal tuo blog. Un abbraccio dalla Sardegna

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