martedì 13 maggio 2014

La locanda di Piero

La sala de La locanda di Piero
Se parti dalle Langhe, patria indiscussa dell'enogastronomia, verso il Veneto, con il chiaro intento di un'esperienza culinaria, non rimarrai deluso dalla Locanda di Piero, a Montecchio Precalcino, nella campagna vicentina. Il ristorante è stato aperto nel 1992 dallo chef Renato Rizzardi e dal maitre Sergio Olivetti e nel 2011 ha ricevuto una stella Michelin.
Si trova in un contesto campagnolo, ma molto ben curato – oggi si dice shabbychic - con fiori alle finestre e un salottino esterno con divanetti perfetti per l'ultima chiacchiera dopo il pasto; si entra attraverso una porta girevole dal gusto parigino in un contesto elegante, ma non pretenzioso, la sala è accogliente, con un grande camino che sa di antico, il soffitto rustico in legno e una vetrata che si affaccia sui campi.
Si comincia con un calice di Franciacorta e una tazzina di spuma di burro con grissini artigianali al sesamo e una scelta di piccoli panini fragranti: non vi lasciate tentare troppo, potreste rovinarvi la cena che è tutt'altro che misera. Nel menù degustazione, dopo un piccolo amuse bouche, ci sono cinque portate più il dolce. La carta dei vini è ampia e include anche diverse etichette straniere, con un occhio di riguardo per Veneto, Trentino e Friuli: il maitre Sergio ci consiglia un Soave del vigneto Calvarino, ottimo. L'antipasto è una pallina di baccalà mantecato con una sfoglia di polenta e mandorle adagiato su una spennellata di olio al prezzemolo, uova di salmone e spicchi di lime: è un vero quadro, un'opera d'arte per gli occhi, con sapori semplici e riconoscibili. Gli gnocchi di patata con carbonara di anguilla, pepe di Sheguan e pecorino Gallurese sono il perfetto risultato della rivisitazione di un grande classico – al primo assaggio l'anguilla sembra guanciale - e costringe ad una scarpetta furtiva. Si arriva all'apice della cena con i ravioli al fois gras, frutta caramellata e mostarda di Cremona: in questo piatto si trova la maestria dello chef, un tripudio di sapori e consistenze da gustare piano ad occhi chiusi. Lo chef ci fa assaggiare, extra menù, anche il risotto agli asparagi con prosciutto crudo e uovo di quaglia in camicia: un piatto ben eseguito, ma è un buon risotto, nulla di più. Lo stinco di maiale è tenerissimo, accompagnato da un purè di zucca e patate: ottime materie prime, ben cucinato. Prima del dolce, una tortina all'arancia che sa più di colazione che non di fine pasto – ma si sa, nei menù degustazione ci sono dei compromessi – un bicchiere di piña colada con sorbetto di frutta fresca, gelè ai frutti di bosco a ananas, molto piacevole. La cena si conclude con un assortimento di piccola pasticceria secca che accompagna, purtroppo, un caffè mediocre.
Il personale è giovane e preparato, il maitre Sergio molto disponibile e accogliente, lo chef Renato ha tutte le carte in regola per poter stupire, ma ne tiene ancora parecchie in mano.

Questa è la mia prima recensione, scritta per il corso di Food Journalism che sto frequentando. Il compito era di farla in 1400 battute – e l'ho fatto, anche se con fatica – ma questa versione, un po' più narrativa, è per trasportarvi direttamente nel clima veneto.
Come fare ad abbinare una ricetta dopo la recensione di un ristorante stellato? Semplice, basta proporre un dolce che sa di nonna, di colazioni all'aperto, di ginocchia sbucciate, di fragole appena colte, perché le cose che ci sembrano banali, spesso sono le più buone.
Una frolla, fragole fresche fatte andare in padella con un po' di zucchero, losanghe a zig zag per una crostata meravigliosa, dai sapori primaverili, perfetta per la colazione, la merenda, per un dolce momento.

A casa mia...xè ora de la coassione!

Crostata con fragole fresche

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