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Ci
siamo quasi, mancano ufficialmente dieci giorni all'inizio della
primavera, che comincia pian piano a farsi spazio tra la nebbia e il
freddo per regalarci le prime gioie per gli occhi e il cuore con le
forstizie e i suoi fiori gialli.
D'inverno
nevica – che per un piemontese non è esattamente un fatto
straordinario – e tutti a scrivere su facebook “Ehi,
nevicaaaaa!” con tante “a”, perché sembra che la gioia sia
troppa da contenere in una parola scritta correttamente. Oppure c'è
anche la fazione infastidita che si esprime con “Ma porc@
pu$$@n@, nevicaaaa” e in quel caso le “a” di troppo sono la
manifestazione di una grandissima rottura di balle e i simboli strani
un particolare senso di autocensura alla volgarità. Che la neve è
bella in montagna, eh, ma in città fa solo un gran paciugo. Il
pensionato torinese docet. In estate c'è caldo – che
caldoooo! - si va al mare, i frutti maturano; in autunno le
foglie si colorano di rosso e giallo, si riscopre la bellezza di un
maglione, si vendemmia. Questo succede tutti, ma proprio tutti gli
anni, eppure la natura sa ancora stupirci e trovo che ciò sia
meraviglioso.
La
primavera è la mia stagione preferita e basta un po' di sole e quei
minuti in più di chiarore alla sera per mettermi il buon umore. Le
giornate si allungano, le piante hanno piccole e tenere gemme, la
natura rinasce insieme alla nostra voglia di uscire, di bere un caffè
in un dehor, e sopratutto parte il countdown tutto
femminile per arrivare al giorno in cui potremo mettere le nostre
bellissime scarpe color lavanda senza calze. Perché questo, e solo
questo, è il vero inizio della primavera.
Vivere
questo passaggio stagionale tra le colline albesi ha un altro sapore
rispetto alla città, qui la natura si esprime al massimo, tanto che
è venuto anche a me il fuoco sacro del giardinaggio. Torna quindi a
grande richiesta il mio hashtag #polliceverdeunacippa e
vediamo cosa combino. Per ora ho travasato fiori come se non ci fosse
un domani – primule da 85 centesimi, perché esageruma nen –
e ho piantato un alberello di pesche e uno di albicocche, che per ora
sono due rami tristi e vedremo cosa ne verrà fuori.
Tutto
questo zappettare, concimare, trasportare sacchi di terra enormi fa
venire un certo appetito - ça va sans dire – ma continua
il periodo di dieta e bisogna sempre inventarsi qualcosa per non
morire di tristezza davanti ad un'insalata e una fettina asciutta di
petto di pollo.
I
cavoletti di Bruxelles sono poco calorici, teneri a vederli, ma molto
saporiti: basta uno spicchio d'aglio, due cucchiai di olio
extravergine e un po' di acqua per avere un contorno più che
soddisfacente, talmente buoni che vi verrà da scrivere: “Ne
voglio ancoraaaaa!”.
Cavoletti di Bruxelles light
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