Foto da globalrecuitingroundtable.com |
La Mamma, mortalmente annoiata dopo
un'ora di simpatici spettacolini-esercizi su pattini a rotelle con
musica a palla orrendamente distorta dall'acustica della palestra, si
intenerisce alla vista della sua bambina, felice e precaria sui suoi
pattini bianchi. “Brava topetta! Sei migliorata tantissimo (ma
'sto saggio, che du' cojoni)! Hai visto che brave le ragazze
grandi che facevano le piroette? Ecco, se ti alleni come fai adesso,
poi sarai capace anche tu. Ammamma.”. Nanagrande,
soddisfatta del suo saggio, ma decisa e determinata nel suo pensiero
risponde: “Mi piace pattinare, ma non mi interessa diventare come
quelle ragazze, io voglio fare la chef!”. Degna figlia di una
foodblogger. Veramente, ma proprio sinceramente, ammamma al
cubo.
Nanagrande sembra molto sicura di ciò
che vorrà fare da grande, mentre io ho ancora qualche problema nel
decifrare il mio futuro lavorativo. Scegliere gli studi adatti che ti
formino come persona e come professionista non è per nulla semplice:
mio padre avrebbe voluto che facessi Economia – ma manco dipinta di
blu – io ho scelto Lingue (poi passata a Lettere) perché boh,
tanto le lingue straniere servono sempre, e adesso viene fuori
che sarei potuta andare al Politecnico. Sì, come no: credo che non
sarei stata ammessa neanche nel bar del Poli. Ma il Maritino dice che
sono particolarmente brava nel reverse engineering, cioè
quella capacità che hanno gli ingegneri di ricostruire un progetto
vedendo il prodotto finito, cioè capire il procedimento che è stato
utilizzato per arrivare a tal congegno. Ovviamente applicato alla
cucina. Quando ci capita di andare fuori a cena, mi diverto ad
analizzare il piatto che ho davanti e a cercare di capire com' è
stato fatto per poi riprodurlo. Così è stato per la ricetta di
oggi. Nel nostro ultimo viaggio in Francia, ad Annecy, ci hanno
portato al tavolo come amuse bouche un bicchierino con della
crema di zucca e della panna salata sopra: non ci è stato comunicato
che cos'era, l'ho capito assaggiandolo, e se anche me lo avessero
detto, non avrei capito una beneamata. L'ho trovata una bella idea,
ma visto così era proprio bruttino. Così è nato lo Zuccaccino, la
zucca che sembra un cappuccino: vellutata di zucca – che se fatta
abbondantemente si può mangiare con crostini, pepe e un filo di olio
– servita in tazzina (meglio se di quelle vintage marroni,
con il piccolo manico, dove bevevo la cioccolata calda sulle piste da
sci da bambina) con un ciuffo di panna montata salata e dei semi di
papavero che sembrano polvere di cacao. Trovo che sia un aperitivo
finger food scenografico, che esce un po' dal solito e che vi farà
fare un figurone con i vostri ospiti, anche con i super cervelloni.
Perché dopotutto questa ricetta è un esercizio di ingegneria.
Nessun commento:
Posta un commento