Con Nic ci conosciamo da quasi
vent'anni – che a scriverlo fa una certa impressione – due
pivelli tra i corridoi del rinomato e storico liceo classico
torinese. Non eravamo compagni di classe, ma avevamo in comune
professori e amicizie. Era uno di quei ragazzi che mi è sempre
sembrato più grande della sua età, forse per quella rossiccia barba
adolescenziale volutamente incolta, forse perché ha sempre avuto
idee molto chiare, per quel suo piglio un po' strafottente che io, da
eterna timida e impacciata, invidiavo parecchio. Aveva un loden verde
con i bottoni in pelle marrone e sotto la maglietta di Che Guevara,
una Vespa da veri intenditori ancora con le marce e gli occhi sempre
divertiti. Quando c'era
l'autogestione – sto aprendo dei cassettini della memoria
assolutamente meravigliosi – era uno dei capi davanti, con passione
ed equilibrio perché credeva in quello che faceva e lo difendeva a
spada tratta, ma era anche capace di ascoltare chi non era d'accordo
con lui ed io mi ci sono scontrata diverse volte. I ricordi più
belli che ho di Nic sono una tre giorni a casa di un'amica nella
campagna eporediese durante le vacanze estive: le schitarrate sotto
la luna, le chiacchiere notturne infinite, le partite a calcetto con
gli omini senza testa – ma poi com'è che son tutti decapitati? -
nel baruccio del paese e le tante risate. E poi i sabato sera a casa
di Laura, le sigarette di nascosto, le prime birre, il Pippo
Chennedy Show. Che a
me sembra ieri, ma se ci penso quella trasmissione sta alle mie
figlie come Canzonissima
sta a me. Vecchiaia.
E
poi, ah sì, poi è stato il mio primo bacio, sul balcone dietro
l'armadio delle scope della mamma della suddetta Laura. Romanticismo
a palla. Io, inguaribile romantica, sempre sola come un cane e pure
un po' scema, in quel momento storico della mia adolescenza, pensavo
già all'abito bianco e ai nostri figli con i capelli scompigliati
come i suoi e gli occhi azzurri come i miei, mentre lui stava già
accampando scuse alla “Cara ti amo” per scaricarmi dopo cinque
minuti: sai, esco da
una storia, ho bisogno di rimanere un po' solo, non voglio ferirti,
lo yogurt mi scade e ho un gomito che mi fa contatto col
ginocchio...l'elenco
completo, insomma. Credo di esserci rimasta male per qualche giorno,
poi è tutto tornato come prima, con gli scherzi e le prese in giro.
In questi vent'anni le nostre vite hanno preso strade diverse, per un
po' non ci siamo sentiti, ci siamo sposati – vivaiddio non tra di
noi – e poi lui è diventato collega e amico del Maritino e ci
siamo ritrovati, con la stessa voglia di prenderci in giro e con quel
bene immutato nel tempo.
Oggi
è il compleanno di Nic e per lui ho pensato ad una torta che non è
dolce (è senza zucchero), esattamente come non lo è stato lui
vent'anni fa – gnegnegne
– ma che è un grande classico. Il castagnaccio è tipico in
Piemonte ed anche in altre regioni italiane, con delle
diversificazioni negli ingredienti. Ha una preparazione
semplicissima, una consistenza molto morbida e compatta che si
scioglierà in bocca, la croccantezza dei pinoli e delle noci, un
poco di dolcezza percepita dallo zucchero a velo messo sopra.
Personalmente non è che mi piaccia molto, ma ci sono persone che ne
vanno matte. Un po' come per Nic. (E noi si scherza sempre).A casa mia...auguri Avucà!
Descrizione bellissima..io con Nico ho fatto le elementari!! Daniela
RispondiEliminaMica avrà baciato anche te tra il Vim e lo scopettone?!
EliminaCiao Daniela!
Che bello Marghe, com'è dolcemente nostalgica questa storia... :-)
RispondiEliminaGià, che bello quando venivi rimbalzata...ahahah!
EliminaGrazie Alessia!
Eh Alessia, dolcemente romantica che cosa?
RispondiEliminaCielo, mio marito!
Eliminaehm...ho detto romantica? volevo dire nostalgica...NOSTALGICA...la storia di qualcosa che appartiene al passato, perché oggi l'unica figura romantica nella vita di Margherita sei tu, Luca! :-))
RispondiEliminaTranquilla Alessia, il Maritino fa il finto geloso...
EliminaIo vado matta per il castagnaccio!!!
RispondiEliminaFinalmente qualcuno interessato alla cucina! ;-)
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