Ho letto un libro meraviglioso,
di quelli che aprono la mente e sopratutto il cuore, di quelli che ti
pongono domande sulla vita e che ti fanno ringraziare per quelle
piccole cose che riteniamo normali, ma che invece sono immense. “
Se ti abbraccio non aver paura” è il diario di bordo di una
viaggio meraviglioso di un papà, Franco, e di suo figlio Andrea, un
ragazzo diciassettenne bello, alto, giovane, con una criniera da far
invidia a Cocciante, pieno di vita e curiosità, ma autistico.
L'autismo – che conosco da
vicino – è un disturbo della funzione cerebrale e si manifesta in
modalità diverse intorno ai due-tre anni di vita. Immaginate un bimbo
che ripete buffamente le parole, che viene attratto da suoni, giochi
colorati, che interagisce con le persone, pensate ad un bimbo che fa
tutte le cose “normali” di quell'età. Ecco, ad un certo punto
qualcosa si spezza e quel bambino vivace si chiude in un mondo suo,
non parla più o comunque fa molta fatica a comunicare. Per un
genitore deve essere una morsa che attanaglia il cuore, una
prospettiva di vita difficile da accettare. Anche per Franco è stato
così e dopo anni a rincorrere terapie, a viaggiare in lungo e in
largo per scoprire i medici migliori, ha deciso di intraprendere un
altro tipo di viaggio, senza una meta precisa, senza tabelle di
marcia, senza orologio. Franco e Andrea sono stati per tre mesi in
America, attraversando tanti paesi in moto, dagli Stati Uniti fino al
Messico, poi in Guatemala e in non so quanti altri stati dell'America
latina: hanno incontrato tante persone che inaspettatamente li hanno
accolti nelle loro case, hanno visto panorami mozzafiato, rischiato
diverse risse per l'esuberanza incontrollabile di Andrea – la scena
in cui il papà scambia una ragazza ricciolina per Andrea e le dà
uno scappellotto è esilarante – alla ricerca della felicità,
qualsiasi cosa questo voglia dire. Come spesso accade, non è stato
il padre a insegnare qualcosa al figlio, ma è stato proprio Andrea,
con la sua fragilità, con il suo modo inevitabilmente spontaneo a
insegnare a Franco a buttarsi nella vita, a fidarsi delle persone, a
non aver paura.
In questo viaggio hanno anche
sperimentato cucine diverse – anche se Andrea si rifugiava spesso
in pizza e hamburger – ed oggi vi propongo una ricetta dall'aria
messicana, da sapori un po' meno strong rispetto a quelli assaggiati
da Franco, ma comunque molto gustosa. Le ali di pollo tex mex sono
semplicissime da fare, basta una marinatura speziata al punto giusto
e la cottura in forno, il piccante lo decidete voi a seconda dei
gusti ed è obbligatorio mangiare con le mani. Un secondo molto
economico, da condividere insieme agli amici con una birra
ghiacciata, per un piccolo assaggio di Messico.
Ma se volete realmente viaggiare
(ridere, commuovervi e pensare) leggete il libro di Fulvio Ervas e
magari comprate un biglietto d'aereo.
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