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Con Lalla ci
conosciamo da quando siamo nate. Tutto parte da un'antica amicizia
dei nostri genitori, poi abbiamo sempre abitato nello stesso
quartiere, frequentato il catechismo insieme, comunione e cresima
il medesimo giorno, compagne di classe alle medie. Quando la prof di
italiano, la mitica Ravallese, cambiò Lalla di posto per metterla
nel banco vicino a me, lei si mise a piangere. Ecco, forse non
eravamo proprio amiche-amiche. Abbiamo cominciato realmente a
conoscerci e a scoprirci durante il tempo del liceo – in due scuole
diverse, sia mai che piangesse ancora – ed è nata un'amicizia
profonda, fatta di confidenze, di condivisione di tanti momenti
importanti della nostra vita, di scelte comuni. Per le mie figlie è
la zia Lalla, un appellativo famigliare che va al di là dei legami
di sangue.
Se devo proprio
trovare una pecca alla mia amica è che non sa cucinare, o meglio,
proprio non le piace. Per anni ci siamo puppati – termine tecnico –
la sua pasta asciuttissima al pesto del supermercato, patate bollite
crude – impresa difficilissima, ma lei era campionessa in questo –
e chili di taleggio. Una dieta sana ed equilibrata. Roba da Kitchen
nightmares. Con il tempo è
migliorata notevolmente, segno non solo di pratica, ma soprattutto di
un minimo di dedizione. E i nostri fegati ringraziano.
Un piatto veramente
buono che abbiamo mangiato da Lalla – accompagnato da facce stupite
e da domande come “Sarà stato un colpo di culo?” – è la
pasta con il pesce spada. Semplice e buonissima, con i tocchetti di
pesce fresco avvolti dalla polpa di pomodoro e dal prezzemolo.
Ho scelto le
trenette come formato di pasta, che trattengono bene il sugo, ma
macchiano inevitabilmente la camicia. Munirsi di bavaglioni.
Mai avrei pensato di
mettere una ricetta di Lalla sul blog, ma come dice Gene Wilder in
Frankestein Junior: “Si può fare!”.
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