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Quando
il Maritino ed io eravamo ancora fidanzati – anni e anni or sono –
passavo molto tempo a casa sua e con la sua famiglia, composta da
madre, nonna e due sorelle: un gineceo. La mia non-ancora-suocera era
una donna che lavorava, per cui della cucina si occupava
principalmente la nonna che, come ho già più volte raccontato,
preparava piatti di un certo spessore – lasagne, pisarei e fasò,
cappellacci – meravigliosi nella loro semplicità. Adoravo rimanere
a cena in quella casa, non solo perché si mangiava decisamente bene,
ma per quell'aria di genuinità e di calore che si respirava, per
quella tranquillità che si prova quando ci sente a proprio agio,
senza fare attenzione ai mille orpelli che spesso la vita e la
società ci impongono, mi sentivo in famiglia.
Una
delle cose che più mi piaceva fare con il mio non-ancora-marito e la
mia non-ancora-suocera era andare a fare la spesa insieme il sabato.
Ogni volta si andava in un supermercato diverso, a caccia delle
occasioni speciali e facendosi anche attrarre da prodotti non
presenti sulla lista della spesa, folgorati dall'idea di una ricetta
o ingolositi da una “maialata”, ovvero cosa commestibile con
millemila calorie a cui non puoi dire di no. Si arrivava alla cassa
con il carrello strabordante – ovviamente sulla lista originale
c'erano giusto dieci voci - e nel momento di mettere le varie cose
sul rullo trasportatore c'era il verdetto sulla spesa: “Vabbè, ma
non abbiamo preso cavolate!”. Questo è ancora adesso il mio metro
di giudizio dopo gli acquisti. Era divertente, era rilassante. Oggi
evito i supermercati di sabato come la peste, sembra di stare in autostrada al 15 di agosto: troppa gente, code, corsie con i carrelli
parcheggiati in doppia fila e l'isteria delle persone, alcune delle
quali, potessero, si farebbero installare anche un clacson e dei fari
abbaglianti nel carrello per sfanagliare quello davanti che è troppo
tempo fermo ad annusare i detersivi. Ma quando capita di essere
obbligata ad andarci perché in settimana proprio non ce l'ho fatta e
il frigo quando lo apri fa l'eco, cerco di tornare con la mente a
quelle spese divertenti, facendomi attrarre da cose mai comprate per
il gusto di fare qualcosa di nuovo. L'ultima volta è successo con il
cavolo nero - ortaggio a me sconosciuto - che ho cucinato insieme alla zucca, ai porri, alle
patate per una zuppa dal sapore deciso, che scalda e rincuora, un
vero comfort food. Parmigiano, dei crostini di pane –
mannaggia, io non li avevo - una macinata di pepe, una “C” di
olio a crudo.
E,
nonostante il cavolo nero, questa non è una cavolata.
che bello questo post, adesso prendo e ti copio subito la zuppa. già, se trovo il cavolo nero, se. ^_^
RispondiEliminavittoria
Grazie Vittoria! In verità il cavolo nero è piuttosto comune, sono io che non lo guardavo mai!
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